Credo che siano le continue interruzioni il termometro del mio malessere. Un pezzettino di lavoro e un pezzettino di lavatrice. Una telefonata e senti il bip della notifica whatsapp. La torta appena incominciata e «mamma puoi vedere questo esercizio che non mi viene». Non riuscire a finire la pagina del libro, la scena del film, il compito da correggere, le pulizie.
Ho sempre amato le cose iniziate e finite. Ma la mia mente ora ragiona a piccoli frammenti. Si apre un pensiero e se ne insinua un altro, punge, pulsa, lo devo inseguire. Poi ritorna il precedente, mi perdo, cambio strada. E a un certo punto ritorno, testarda continuo. Difficilmente finisco l’operato.
Succede ogni domenica pomeriggio. Appena dopo pranzo, mi viene questo desiderio fortissimo di andare al cinema. Aprire il giornale, leggere gli orari e i titoli, scegliere insieme ai ragazzi, mettersi la giacca e a piedi raggiungere la sala. Pregusto quella sensazione di leggerezza all’uscita, direzione casa, prepareremo la cartella, penso, e tutti a letto presto. I pensieri si legano l’un l’altro nell’ordine giusto, senza sforzo. Poi ritorno qui, il cinema chiuso, la domenica aperta ad altre direzioni possibili. Potrei leggere, potrei cucinare, camminare o giocare. E ricomincio con i pezzetti del mio puzzle: in certi momenti si somigliano tutti, fatico a trovare le combinazioni, ma in fondo lo so che il quadro completo è lì, davanti a me.